Acqua

“In una tale fluida atmosfera io vivevo si può dire nuotando e sentivo via via smussarmisi gli attriti e io dissolvermi, assorbito in essa. Ma ritrovar me stesso, bastò che mi ritrovassi nel vecchio fiume asciutto. Mi muoveva – era estate – un desiderio d’acqua, religioso, quasi un rito. Mi disponevo, scendendo tra le vigne quella sera, a un bagno sacro, e la parola acqua, già per me sinonimo di felicità, si dilatava nella mia mente come nome ora di dea e di amante. Me ne appare il tempio sul fondo della valle, dientro una pallida spondadi arbusti. Era un grande fiume di sassi bianchi, pieno di silenzio. Solo vestigio d’acqua, un rivolo strisciava in disparte, quasi nascosto. A tratti l’esiguità del rigagnolo, tra pietre grandi precludenti l’intorno e rive di cannet, mi ritrasportava tra noti torrenti e mi riproponeva alla menìmoria più strette e faticate valli. Fu questo: e forse anche il contatto delle pietre sotto i miei piedi – rosi sassi del fondo dal dorso incrostato d’un velo d’alghe rattrappite – o l’inevitabile muovere dei miei passi, a balzi, dall’uno scoglio all’altro, o forse fu solo un rumore che fece la ghiaia, franando. Sta il fatto che il divario tra me e i luoghi qui scemò e si compose: un sorta di fratellanza come di metafisica consanguineità mi legava a quel pietrame, fecondo solo di timidi, tenacissimi licheni. E nel vecchio fiume asciutto riconobbi un mio antico padre ignudo.”

I.Calvino, Fiume asciutto

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