Politica della Bellezza

“La risposta estetica come azione politica” è lo slogan di benvenuto del libro meno noto di James Hillmann: Politica della Bellezza. In effetti, la frase condensa in un’unica soluzione l’intento bruciante dell’autore, e la sua audace proposta di un nuovo approccio alla vita, verso un nuovo umanesimo. Il primo passo da compiere è quello di mettere a nudo, anzi, di spogliare letteralmente la Psiche da tutti gli orpelli inutili che l’hanno resa ottusa e insensibile, poiché “se l’anima come dice Plotino è sempre un’Afrodite, allora essa ha sempre a che fare con la bellezza, e le nostre risposte estetiche sono le prove dell’attiva partecipazione dell’anima al mondo. Il nostro senso del bello e del brutto, ci porta fuori, nella polis, attivandoci politicamente.” Ma forse, prima di approfondire il tema è necessario accantonare concetti come ornamento, frivolezza, decoro, superficialità, gradevolezza, poiché tendono ad allontanarci dall’idea di Bellezza su cui poggia l’intero saggio, idea che è più vicina a concetti come armonia, visione d’insieme, equilibrio, corrispondenza sensibile.

Il libro si apre focalizzando subito l’attenzione sull’importanza delle risposte estetiche, evidenziandone la natura istintiva, animale e assolutamente autentica. La risposta estetica è lontana da mode e pregiudizi, ed essendo sempre sincera e diretta costituisce il primo collegamento col mondo, ovvero il contatto più profondo. Il fatto che l’uomo oggi sia an-estetizzato (l’esthesis riguarda tutto ciò che si può percepire con i sensi, tutto ciò che riconduce all’intuizione sensibile) significa che l’uomo si è progressivamente inaridito, restringendo il canale delle sue sensazioni e quindi delle risposte estetiche. Questa inesorabile decadenza dell’esthesis ha fatto sì che l’individuo non sappia più cosa è bello, cosa gli piace, cosa ama, cosa lo anima. E alla luce di questo, di questa progressiva an-estesia globale, Hillmann avanza l’ipotesi che il Grande Rimosso dell’inconscio collettivo, oggi, sia la Bellezza.

In che modo lasciare rifluire nuovamente i canali delle sensibilità e riattivare le risposte estetiche? Secondo lo studioso sono tre le più importanti condizioni che favoriscono l’impresa: l’attenzione, la sospensione del giudizio e il silenzio. Tre condizioni che a una prima lettura possono sembrare scontate, ma non è così, perchè ciascuna di queste azioni deve essere capovolta e approfondita, reinterpretata e riletta. Per esempio, il silenzio non è affatto il non-parlare, ma il parlare-scegliendo-le-giuste-parole, a esso è strettamente affine la capacità di immaginare, di creare e di pensare. Infatti “il silenzio ha implicazioni politiche” poiché “il silenzio presuppone il primato della persona psichica, e i diritti inalienabili sono i poteri di quella inalienabile persona la cui mente immaginante non si è alienata. Questo concetto deriva da una visione secondo cui l’anima è dotata naturalmente, c’è in essa un’individualità fin dall’inizio, e il silenzio è una delle sue condizioni per fiorire.” Quindi, solo in questa intima libertà interiore è possibile accorgersi davvero di se stessi e dell’Altro, del creato e delle creature, e dunque stabilirne un contatto vero e autentico, non inquinato e adulterato. Solo in totale sospensione di valutazioni, senza associazioni mentali, senza rimandi, senza riduzioni e semplificazioni, senza dislocazioni ironiche, senza logiche d’appartenenza, senza confini e contenitori ideologici, senza parole marce e senza considerazioni troppo astratte che continuano a intossicarci, a invaderci, a inasprirci, è forse possibile ristabilire una reale comunicazione. Percepire mediante i sensi significa lasciarsi inondare dal prodigio delle cose del mondo. Aprirsi al dialogo vero. Ascoltando. La risposta estetica va al di là dell’aspetto razionale, appartiene all’altra metà, quella rinnegata e rimossa, perché è più semplice, più facile e diciamolo pure, più confortevole. Chi mai potrebbe dare una definizione di Bellezza, non Hillmann che ne rinvia continuamente e intenzionalmente una definizione, perché non può esserci una de-finizione. Eppure, tutti quanti sappiamo cosa succede quando accade, quando una risposta estetica fiorisce dentro di noi all’improvviso. Come il sussulto che ci coglie quando, nella quiete della superficie del mare, il balzo di un allegro delfino all’orizzonte ci lascia senza fiato. La sorpresa della risposta estetica ci fa sobbalzare il cuore e, soprattutto, ci dice la verità su chi siamo e su cosa vogliamo veramente. L’abitudine di dare per scontata la nostra realtà ordinaria, il non domandare più nulla alle cose circostanti, è sintomo di ottundimento. Il non voler più cercare lo straordinario nell’ordinario, tipico degli artisti, ha rimpicciolito il nostro mondo e il nostro modo di vedere le cose. La Terra è un paradiso, l’inferno e non accorgersene, scriveva un autore di mondi possibili, infatti il segreto è proprio questo: l’accorgersene.

Come si collega tutto ciò alla politica? Ovvero, all’interesse per la polis, per la città, la comunità, il luogo in cui viviamo insieme? Credo che la risposta potrebbe essere l’immagine di un ponte, perché l’individuo è connessione. Una persona che si prende davvero cura della psiche, non lo fa per compartimenti stagni, il mio e il tuo, il dentro e il fuori, il chiaro e lo scuro, lo fa in maniera totale e congiunta: fare anima significa anche fare mondo. Non siamo noi a contenere la psiche, ma è la psiche a contenere noi (parafrasando Jung), infatti percepire il luogo in cui viviamo è il punto di partenza, percepirlo in modo puro, senza distorsioni esterne, significa liberare la via alle risposte estetiche. Per luogo s’intende dapprima il nostro corpo, e poi via via la nostra casa, la nostra città, il nostro parco, il nostro pianeta. Ogni volta che ci prendiamo cura di ciascuno di essi, il beneficio è condiviso. Tutti questi luoghi sono interconnessi tra loro, e per fare il più classico degli esempi, se la nostra bellissima Terra è ammalata, lo siamo anche noi, letteralmente. Infatti “sotto la crisi ecologica giace la ben più profonda crisi dell’amore, e il fatto che il nostro amore ha abbandonato il mondo e che il mondo sia privo di amore, risulta direttamente dalla repressione della bellezza, della sua bellezza e della nostra sensibilità alla bellezza.”

Concludo, anche perché il mio intento è quello di lanciare solo una suggestione, non certo quello di restituire la complessità e la molteplicità del saggio, così vasto e affascinante.

Nel libro l’autore rievoca le sue sensazioni durante una lunga passeggiata nei giardini di Kyoto. Via via che la sua descrizione si intensifica, affiorano colori, suoni, odori, luci e immagini – poiché solo di immagini è fatto il linguaggio di Psiche – mai di concetti o astrazioni. E così, a poco a poco, l’abbraccio del giardino diventa la metafora più vivace dei movimenti di anima nell’insieme dei suoi luoghi, “dove il rapporto fra corpo e psiche si rovescia completamente – non più l’anima nel corpo, ma il corpo che passeggia in quel giardino che è l’anima. Il mondo stesso si trasforma in un corpo psichico, e i nostri corpi personali, via via che ci muoviamo, ci fermiamo, facciamo una sosta, ci voltiamo, guardiamo indietro, mettono in scena un’attività di riflessione psichica in corrispondenza con ciò che li circonda. Per conoscere se stessi nel giardino del mondo, è necessario esserci fisicamente, nel mondo. Dove sei rivela chi sei.”

 

 

Nota

Fra le innumerevoli citazioni colte all’interno del libro, stranamente manca la più ovvia, la più sdoganata e la più fraintesa di tutte, che il genio di Dostoevskij mette in bocca al principe Miškin. Credo sia un’assenza molto eloquente, perché il fatto che sia stata omessa, non significa che non sia stata intensamente pensata. Anzi.

 

 

 

Autore: James Hillmann

Titolo: Politica della Bellezza

Editore: Moretti & Vitali

Anno: 2002

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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